Ciclo "Teatri alla Radio" per Radio Tre

35 opere, 20 registi, 250 attori. Una importante operazione culturale con il duplice significato di riprendere la tradizione produttiva del teatro alla radio, e di affidare alla memoria radiofonica le voci dei protagonisti della scena contemporanea italiana. La scelta dei testi ha seguito la linea dei "classici", proponendo degli approfondimenti tra le varie drammaturgie europee, soprattutto del 900, con una particolare attenzione alla lingua italiana (Parise, Betti, Brancati, Testori, a Bontempelli, Savinio, Brusati, Wilcock). Nel progetto sono stati coinvolti alcuni tra i registi piu' rappresentativi del teatro italiano, di tendenze e generazioni assai diverse tra loro: dallo stesso Ronconi, a Giancarlo Cobelli, Mario Missiroli, Egisto Marcucci, Elio De Capitani, Federico Tiezzi, Nanni Garella, Toni Servillo, Cesare Lievi, Gabriele Vacis, Walter Le Moli, fino a coinvolgere anche nomi piu' legati al mezzo cinematografico, come Gianni Amelio, Giuseppe Bertolucci e Mario Martone, e a comprendere due maestri del teatro radiofonico come Giorgio Bandini e Giorgio Pressburger.


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Le parole di Luca Ronconi


Ho accettato con grande interesse la collaborazione che mi è stata offerta dalla Rai, vivendola tutta dalla parte del teatro. Non è certo come specialista radiofonico, ma per cercare piuttosto una possibile confluenza fra le funzioni della radio e dell'Istituzione Rai e il mondo del teatro. In questa direzione mi sono posto, e in questo senso ho compiuto la scelta dei testi. Mi sono rivolto a una larghissima rappresentanza di collaboratori, registi e attori appartenenti al mondo del teatro, più che sulle possibilità radiofoniche. Sarà perché finisce il secolo, sarà perché le condizioni pratiche del teatro non hanno permesso nel nostro paese - come accade altrove - la costituzione di un repertorio: a parte Pirandello e Goldoni, non si è costituita in Italia una continuità di repertorio nazionale, e neanche di teatro europeo nel nostro secolo. Ogni tanto ci sono sì delle fulminee accensioni per un certo periodo e per un certo autore, ma poi improvvisamente svaniscono. E in una produzione teatrale così avara di cose nuove, anche l'oblio è perennemente in agguato: si anela a un futuro che è piuttosto riluttante a manifestarsi, e in nome di questo si è portati non tanto a mettere in un museo, quanto piuttosto a seppellire sotto l'oblio molte esperienze dalle quali veniamo. La scena è deperibile, mentre al contrario la radiofonia che è per sua definizione 'registrazione', nasce già come documentazione. All'origine della scelta di questa programmazione c'è quindi il tentativo consapevole di dare inizio, o almeno contribuire, al salvataggio di una serie di momenti importanti del nostro teatro. Naturalmente non è tutto: è una scelta di 40 testi, per evitare una pedanteria eccessiva e scongiurare nello stesso tempo il parco delle rimembranze. All'interno di questo catalogo c'è anche un intento di servizio: per motivi diversi alcuni di questi autori, non tutti in verità, sono quasi assenti dagli archivi teatrali della Rai. In tal senso, questo ciclo radiofonico assolverà anche alla funzione di memoria di alcuni testi e di alcuni attori, anche importanti, di cui non esiste testimonianza né registrazione, a differenza delle voci dei mostri sacri dei decenni precedenti. In questo catalogo si possono anche leggere alcune linee tematiche ricorrenti: ci sono ad esempio molti titoli del teatro italiano e di quello tedesco. Non in maniera esaustiva certo: del teatro italiano si è scelto soprattutto quello del nostro secolo, dagli inizi fino agli anni ‘50. E sono quasi tutte opere di difficile rappresentazione, o rispecchiano il carattere estremamente letterario da cui il teatro italiano non riesce a staccarsi. Non vuole essere una scelta di campo, o una predilezione: è un dato di fatto che il teatro italiano sia legato alla letteratura, e che sopravvivano solo le cose legate al mondo di un autore o di una scrittura particolare. In questa direzione vanno le scelte del teatro italiano, con Bontempelli, Testori, Parise, Wilcock. E da un'altra parte per Ugo Betti che, con le debite differenze, si lega a Eliot, in quel filone di teatro larvatamente cattolico, o religioso, che attraversa inopinatamente la scena del Novecento. Vi ritroviamo in ogni caso questo spirito, che è assente nel teatro del secolo precedente e serpeggia nel nostro: un teatro, nel nostro secolo, pieno di umori ideologici più di quanto non sembri. Un altro elemento presente nel ciclo, dal testo più antico, Lisistrata, fino ai più recenti, come L'amica delle mogli, è il tema ricorrente dell'indagine nell'universo femminile, di tipo psicologico, sociale o politico. Un'osservazione della drammaturgia al femminile ha come conseguenza inevitabile l'attenzione specifica alla drammaturgia della coppia, da Il vincolo di Strindberg a Sodoma e Gomorra di Giraudoux, testi di autori famosi, ma mai rappresentati o assai poco conosciuti. La scelta dì 40 testi è cospicua, ma non è certo una sistemazione definitiva, e vuole rappresentare una possibilità. C'è il rischio che ne risulti una "biblioteca di Babele'. Vale la pena di correrlo, sperando anzi che qualcun altro la completi. Alla radio io non ho mai lavorato, se non come attore, in tempi lontani. L'unica regia, vent’anni fa, è stata quella del dramma elisabettiano Cuore infranto di John Ford. Ai registi oggi la radio offre la possibilità di lavorare sui testi che non si metterebbero mai in scena. Con la coscienza di tutte le diversità esistenti: ascoltare teatro alla radio è più simile alla lettura di un libro che non alla rappresentazione di un dramma, tanto che di teatrale quello che resta maggiormente è il testo, mentre tutti gli altri elementi costitutivi sono assenti. Manca non tanto la visione, quanto lo spazio. L'interesse principale dell'operazione resta comunque quello di stabilire un contatto tra un'istituzione culturale come la Rai e una grande parte del teatro italiano. Per questo ho cercato di renderlo più ampio e rappresentativo possibile, anche per quanto riguarda gli attori e i registi. Tra i primi, in una sorta di grande compagnia stabile, ci sono nomi molto importanti della scena italiana insieme a tanti giovani promettenti; tra i registi sono presenti anche coloro cui va il merito dì aver portato con maggior passione il teatro alla radio, negli anni passati. Per alcuni testi poi è stata approntata per quest'occasione una traduzione nuova, mentre molti verranno adattati per rispondere all'esigenza radiofonica della durata di un'ora e mezzo circa. E la radio, da parte sua, ci offre la possibilità di misurarci per la prima volta, in un apposito studio, con le più avanzate tecnologie digitali. Un incontro di cui, spero, sarà interessante, in ogni caso, ascoltare i risultati. (...) Come regista teatrale attento ai valori del testo, ho dovuto con qualche esitazione ridurre i testi entro la durata di un'ora e mezza circa. All'inizio ho avuto la sensazione di trovarmi in un prolungato e pericoloso ‘letto di Procuste'. Ma dopo aver accettato di lavorare entro questi limiti, mi sono reso conto che un 'drenaggio' dei motivi drammaturgici è qualche volta non soltanto legittimo, ma necessario, usando un testo al di fuori del palcoscenico. Un testo ascoltato tende probabilmente più a suggerire che a rappresentare, mentre la rappresentazione in teatro molto spesso sollecita la fantasia dello spettatore al di fuori del testo e delle sue suggestioni. Per questo preferisco lasciare il testo nella sua integrità, per dare maggiori e diverse possibilità allo spettatore; alla radio invece è diverso: la fantasia dell'ascoltatore è obbligata a immaginare. Le manca non solo la 'visione', ma soprattutto lo 'spazio'.
dal Patalogo 21

Mi è parso utile provare a identificare una confluenza nuova tra due mondi diversi come il teatro e la radio. Ho coinvolto attori e registi non specialisti di radiofonia, come non lo sono io, in una prospettiva che vive tutta dalla parte del teatro 'vero' , escludendo qualsiasi forma di fiction costruita apposta per la radio. Per ogni testo ho cercato convergenze tra un regista, un gruppo di attori e il loro testo. Con un duplice obiettivo: rilanciare una bella e (in parte) 'perduta' tradizione produttiva, quella appunto del teatro alla radio, e contribuire a creare una memoria radiofonica per i protagonisti della scena contemporanea: registi e attori oggi di gran peso, totalmente assenti dalla radiofonia. In generale ho puntato su testi meno frequentati e di difficile rappresentazione, come La commedia della vanità di Canetti o L' abominevole donna delle nevi di Wilcock. Ho privilegiato il teatro italiano meno noto che va dalla prima metà del secolo agli anni Sessanta, con vari testi di appartenenza letteraria (Parise, Bontempelli). A parte Pirandello e Goldoni, non si è mai costituita in Italia una continuità di repertorio nazionale.
Ci sono linee tematiche?
Fondamentalmente due. La prima esplora la drammaturgia al femminile, da Aristofane alla nostra epoca, con una ventina di testi che presentano figure di donne nelle sfaccettature più varie: ribelli o sottomesse, conflittuali o soccorritrici, crudeli o accoglienti, sole o in coppia... Da Lisistrata alla Bernarda Alba di Garcìa Lorca, dalla Hedda Gabler di Ibsen all'Anna Christie di O' Neill, molte donne appaiono anche nei titoli. E ho voluto inserire Il buon Dio di Manhattan di Ingeborg Bachmann per avere una donna tra gli autori di testi. La seconda linea tematica si riferisce a nuclei di drammaturgia italiana e tedesca, anche con testi rappresentativi del rapporto donna-società - vedi Santa Giovanna dei Macelli di Brecht - e quindi ricollegabili alla prima linea, quella sul femminile.
Il teatro può essere radio?
Non direttamente. Il teatro non è solo testo: è anche o soprattutto spettacolo. L' esperienza dell' ascolto di un' opera teatrale alla radio è un po' analoga alla lettura di un libro. Si è soli, concentrati, sottoposti a una sollecitazione fantastica non paragonabile a quella che comporta la visione di uno spettacolo. La radio ha un fascino, un mistero. Restituisce agli attori, di cui chi ascolta non conosce il volto, un elemento tradizionale che nel teatro 'vero' non c' è più: la maschera. La radio è insomma una proposta radicalmente diversa di conoscenza teatrale. Tanto diversa quanto interessante.
Come si 'dirige' un testo per la radio?
Non facendo niente che tenti di surrogare l'esperienza del palcoscenico. C' è una lettura preliminare del testo, proprio come accade prima di iniziare a provare uno spettacolo. Poi la fase di approfondimento funzionale a un ascolto non integrato all' immagine, dove il lavoro sull'attore diventa lavoro sulla voce: ci sono voci più o meno fotogeniche...
Relazioni col teatro di prosa in televisione?
Nessuna. Il teatro in tivù può essere registrazione (memoria) di uno spettacolo teatrale, oppure teatro fatto apposta per la televisione. E' quest'ultimo il territorio oggi più che mai da attraversare: va identificato un teatro capace di esprimersi in un linguaggio di immagini che tenga conto degli strumenti tecnologici offerti dalla tivù attuale.
Intervista di Leonetta Bentivoglio
«La Repubblica»
4 aprile 1997

Rassegna Stampa

dal Patalogo 21 (Ubulibri, Milano, 1998) 
per gentile concessione dell'Associazione Ubu per Franco Quadri 


La voce della Rai: Roberta Carlotto

Abbiamo pensato a un grosso progetto che valesse sia per Radìodue sia per Radiotre e che comprendesse anche delle operazioni che magari il teatro difficilmente è in grado di sopportare, sia per le difficoltà del testo, sia anche per il numero dei personaggi. Per quanto riguarda la programmazione Radiodue abbiamo pensato a un tema, quello delle figure femminili, intorno a cui cercare dei testi classici, anche se poi c'erano dentro ogni tanto dei titoli un po' più particolari. Fatto questo, abbiamo anche impostato la questione della durata delle commedie, che sono state portate tutte a un'ora e mezzo, con delle riduzioni o a cura del regista o a cura del traduttore, e quindi stabilito dei tempi di produzione. Perché volevamo, sì, che fossero delle operazioni d'autore, ma non così estreme da comportare poi un tempo infinito di realizzazione. Quindi per ogni commedia c'è stata una settimana di tempo per la registrazione e una settimana per il montaggio.
E’ stata notata nel progetto l'assenza o la presenza marginale di esperti di teatro radiofonico (da Pressburger a Bandini). Saranno coinvolti in future iniziative?
La vera ragione, una delle ragioni del progetto, era quella di far arrivare alla radio dei registi teatrali. O cinematografici, se c'erano. In quanto, essendo mancata da noi da molti anni una riproposta di teatro radiofonico, di fatto quella generazione di mezzo, che ormai ha in teatro un peso notevole, non aveva mai lavorato alla Rai, se non occasionalmente per alcune riprese di spettacoli. E in questo senso abbiamo in qualche modo, se vogliamo, privilegiato i registi di parola. O che avessero, insomma, una particolare attenzione alla colonna sonora. Lo stesso per il cinema, Mario Martone, Gianni Amelio, Giuseppe Bertolucci hanno sempre avuto, anche nei loro film, una particolare attenzione per il sonoro, l'incrocio delle voci, la musica, e sono stati scelti in modo specifico, tutti con quest'attenzione. Dando un pochino per scontato che i registi, esperti di teatro radiofonico, come dire, 'sperimentati' lo erano già. Anche se, comunque, ci siamo proposti di prendere i due più bravi. E, almeno dal mio punto di vista, e anche di Ronconi, i due registi che sicuramente hanno segnato con la loro presenza una differenza proprio del teatro radiofonico, sono Pressburger e Bandini e con loro abbiamo fatto un'operazione a testa.
Intervista a Roberta Carlotto di Antonella Melilli
«Hystrio»
n. 3 - 1998

Il parere di uno specialista: Giorgio Pressburger

Come valutare il teatro radiofonico in Italia, rispetto alle esperienze estere di Germania, Francia, Inghilterra e paesi scandinavi?
Sono tutti paesi dove il teatro in radio non è stato trascurato, come invece è accaduto da noi. Ma sono da tener presenti anche l'esperienza di Slovenia e Croazia, stati vicini, dove il genere non è mai stato sottovalutato. In Italia, fino a poco tempo fa, la radio era considerata un mezzo 'antieconomico', perché sembrava non ci fosse un apporto sufficiente di pubblicità. Ma ultimamente i fatti stanno dimostrando il contrario, e finalmente rende conto del valore del lavoro che avevamo fatto in passato e che andava riconosciuto e continuato.
Qual è la specificità del teatro radiofonico? È stata rispettata nel recente progetto di rilancio curato da Ronconi per la Rai?
Il teatro radiofonico ha una sua specificità e apre l'orizzonte a tante possibilità nuove rispetto al teatro e al cinema. Richiede una speciale concentrazione, tutto è affidato all'immaginazione dell'ascoltatore e riuscire a stimolarla è il nostro compito. A volte i mezzi visivi ottengono un risultato opposto, limitante, passivo, mentre la radio dà paradossalmente maggiori informazioni. Certo, è un mondo di fantasmi, dove non esiste gesto, volto: ma tutto può essere ricostruito ascoltando. Non posso però valutare obiettivamente l'operazione compiuta quest'anno da Radio Rai e da Ronconi: non ho avuto modo di seguire nulla di quanto è stato fatto. Credo che si vedrà nel prossimo futuro se sono davvero riusciti a 'rivitalizzare' il teatro radiofonico: per ora è un'intenzione lodevole, che mi auguro avrà un seguito.
Intervista a Giorgio Pressburger di Ilaria Lucali
«Hystrio»
cit.