Ho accettato con grande interesse la collaborazione che mi è stata offerta dalla Rai, vivendola tutta dalla parte del teatro. Non è certo come specialista radiofonico, ma per cercare piuttosto una possibile confluenza fra le funzioni della radio e dell'Istituzione Rai e il mondo del teatro. In questa direzione mi sono posto, e in questo senso ho compiuto la scelta dei testi. Mi sono rivolto a una larghissima rappresentanza di collaboratori, registi e attori appartenenti al mondo del teatro, più che sulle possibilità radiofoniche. Sarà perché finisce il secolo, sarà perché le condizioni pratiche del teatro non hanno permesso nel nostro paese - come accade altrove - la costituzione di un repertorio: a parte Pirandello e Goldoni, non si è costituita in Italia una continuità di repertorio nazionale, e neanche di teatro europeo nel nostro secolo. Ogni tanto ci sono sì delle fulminee accensioni per un certo periodo e per un certo autore, ma poi improvvisamente svaniscono. E in una produzione teatrale così avara di cose nuove, anche l'oblio è perennemente in agguato: si anela a un futuro che è piuttosto riluttante a manifestarsi, e in nome di questo si è portati non tanto a mettere in un museo, quanto piuttosto a seppellire sotto l'oblio molte esperienze dalle quali veniamo. La scena è deperibile, mentre al contrario la radiofonia che è per sua definizione 'registrazione', nasce già come documentazione. All'origine della scelta di questa programmazione c'è quindi il tentativo consapevole di dare inizio, o almeno contribuire, al salvataggio di una serie di momenti importanti del nostro teatro. Naturalmente non è tutto: è una scelta di 40 testi, per evitare una pedanteria eccessiva e scongiurare nello stesso tempo il parco delle rimembranze.
All'interno di questo catalogo c'è anche un intento di servizio: per motivi diversi alcuni di questi autori, non tutti in verità, sono quasi assenti dagli archivi teatrali della Rai. In tal senso, questo ciclo radiofonico assolverà anche alla funzione di memoria di alcuni testi e di alcuni attori, anche importanti, di cui non esiste testimonianza né registrazione, a differenza delle voci dei mostri sacri dei decenni precedenti. In questo catalogo si possono anche leggere alcune linee tematiche ricorrenti: ci sono ad esempio molti titoli del teatro italiano e di quello tedesco. Non in maniera esaustiva certo: del teatro italiano si è scelto soprattutto quello del nostro secolo, dagli inizi fino agli anni ‘50. E sono quasi tutte opere di difficile rappresentazione, o rispecchiano il carattere estremamente letterario da cui il teatro italiano non riesce a staccarsi. Non vuole essere una scelta di campo, o una predilezione: è un dato di fatto che il teatro italiano sia legato alla letteratura, e che sopravvivano solo le cose legate al mondo di un autore o di una scrittura particolare. In questa direzione vanno le scelte del teatro italiano, con Bontempelli, Testori, Parise, Wilcock. E da un'altra parte per Ugo Betti che, con le debite differenze, si lega a Eliot, in quel filone di teatro larvatamente cattolico, o religioso, che attraversa inopinatamente la scena del Novecento. Vi ritroviamo in ogni caso questo spirito, che è assente nel teatro del secolo precedente e serpeggia nel nostro: un teatro, nel nostro secolo, pieno di umori ideologici più di quanto non sembri.
Un altro elemento presente nel ciclo, dal testo più antico, Lisistrata, fino ai più recenti, come L'amica delle mogli, è il tema ricorrente dell'indagine nell'universo femminile, di tipo psicologico, sociale o politico. Un'osservazione della drammaturgia al femminile ha come conseguenza inevitabile l'attenzione specifica alla drammaturgia della coppia, da Il vincolo di Strindberg a Sodoma e Gomorra di Giraudoux, testi di autori famosi, ma mai rappresentati o assai poco conosciuti.
La scelta dì 40 testi è cospicua, ma non è certo una sistemazione definitiva, e vuole rappresentare una possibilità. C'è il rischio che ne risulti una "biblioteca di Babele'. Vale la pena di correrlo, sperando anzi che qualcun altro la completi.
Alla radio io non ho mai lavorato, se non come attore, in tempi lontani. L'unica regia, vent’anni fa, è stata quella del dramma elisabettiano Cuore infranto di John Ford. Ai registi oggi la radio offre la possibilità di lavorare sui testi che non si metterebbero mai in scena. Con la coscienza di tutte le diversità esistenti: ascoltare teatro alla radio è più simile alla lettura di un libro che non alla rappresentazione di un dramma, tanto che di teatrale quello che resta maggiormente è il testo, mentre tutti gli altri elementi costitutivi sono assenti. Manca non tanto la visione, quanto lo spazio.
L'interesse principale dell'operazione resta comunque quello di stabilire un contatto tra un'istituzione culturale come la Rai e una grande parte del teatro italiano. Per questo ho cercato di renderlo più ampio e rappresentativo possibile, anche per quanto riguarda gli attori e i registi. Tra i primi, in una sorta di grande compagnia stabile, ci sono nomi molto importanti della scena italiana insieme a tanti giovani promettenti; tra i registi sono presenti anche coloro cui va il merito dì aver portato con maggior passione il teatro alla radio, negli anni passati. Per alcuni testi poi è stata approntata per quest'occasione una traduzione nuova, mentre molti verranno adattati per rispondere all'esigenza radiofonica della durata di un'ora e mezzo circa. E la radio, da parte sua, ci offre la possibilità di misurarci per la prima volta, in un apposito studio, con le più avanzate tecnologie digitali. Un incontro di cui, spero, sarà interessante, in ogni caso, ascoltare i risultati. (...)
Come regista teatrale attento ai valori del testo, ho dovuto con qualche esitazione ridurre i testi entro la durata di un'ora e mezza circa. All'inizio ho avuto la sensazione di trovarmi in un prolungato e pericoloso ‘letto di Procuste'. Ma dopo aver accettato di lavorare entro questi limiti, mi sono reso conto che un 'drenaggio' dei motivi drammaturgici è qualche volta non soltanto legittimo, ma necessario, usando un testo al di fuori del palcoscenico. Un testo ascoltato tende probabilmente più a suggerire che a rappresentare, mentre la rappresentazione in teatro molto spesso sollecita la fantasia dello spettatore al di fuori del testo e delle sue suggestioni. Per questo preferisco lasciare il testo nella sua integrità, per dare maggiori e diverse possibilità allo spettatore; alla radio invece è diverso: la fantasia dell'ascoltatore è obbligata a immaginare. Le manca non solo la 'visione', ma soprattutto lo 'spazio'.