Don Giovanni


Personaggi - Interpreti:
Don Giovanni - Ruggero Raimondi
Il commendatore - Andrea Silvestrelli
Donna Anna - Jane Eaglen
Don Ottavio - Rockwell Blake
Donna Elvira - Daniela Dessì

Maestro direttore e concertatore:   Riccardo Chailly

Scene:   Margherita Palli
Costumi:   Vera Marzot


Allestimento:   Teatro Comunale di Bologna
in coproduzione con:   Teatro dell'Opera di Roma


Prima rappresentazione
Teatro Comunale, Bologna
27 novembre 1990

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

Amadeus secondo Luca


Le questioni eterne e irrisolubili si attaccano come a una calamita. Come ad esempio quella se quest'opera sia tragica o comica.
E' un falso problema. Al di là dell'unità stilistica quest'opera ha una sua continuità narrativa che attraversa fasi diverse, comiche o tragiche, che bisogna assecondare. La mia ambientazione non è quella settecentesca più corrente, ho preferito riportarla, visto che l'opera si chiama Il dissoluto punito nel seicento, cioè a quando i dissoluti venivano puniti davvero. Allo stesso modo, se quest'opera ha un carica rivoluzionaria, vi si grida “viva la libertà”, perchè mai porla in un'epoca in cui la rivoluzione è già scoppiata?
La trasgressione è dunque la categoria centrale?
Sotto questo aspettoi Don Giovanni è un opera tripartita. Ha tre trasgressioni, una di carattere erotico, una sociale e politica, l'altra di ordine metafisico, corrisponde una triplice punizione: le avventure erotiche di Don Giovanni vanno tutte storte, dal punto di vista sociale esce completamente screditato, mentre sul piano metafisico incorre nella ben notafatale punizione. Anche visivamente lo si percepirà inizialmente l'erotismo, tante donne popolano la scena e la vita di Don Giovanni. Poi la festa, dove i nobili invitati si travestono da contadini. Mi sembrava che questo rendesse meglio quella commistione tra classi sociali con cui ci troviamo di fronte. Infine l'epilogo è all'interno di un sepolcro, sotto le navate di una chiesa, preludio all'al di là. Di comico, in fondo, del Don Giovanni ci sono solo i personaggi di Leporello e quel tormentone di Donna Elvira.
Eppure anche il Don Giovanni ha qualcosa di comico.
Più che comicità c'è ironia: c'è una colpa e una punizione, una hybris e una némesi; l'ironia sta tutta nel modo con cui viene presentata la némesi.
Ci sono stati dei momenti migliori per mettere in scena Don Giovanni? Voglio dire questo battage su tutto quanto ha a che fare con Mozart la infastidisce, la condiziona?
Non più di tanto. E poi visto e considerato che tanto non si produce mai niente di nuovo ben venga questa scorpacciata di Mozart, se non altro sarà un occasione per allestire spettacoli di straordinario valore.
E l'inflazionamento?
Diciamo che ci sono delle opere con le quali si fa un lavoro di riscoperta. Penso al Rossini del Viaggio a Reims, e Ricciardo e Zoraide. Non è il caso evidentemente del Don Giovanni per il quale bisogna cercare di rapportarsi al catalogo delle interpretazioni già date. Ne avrò viste centomila. Fra esse senza dubbio sono notevoli sia la versione cinematografica di Losey, sia la versione scaligera di Strehler. Il film di Losey è sicuramente pieno di suggestione, ma ha per così dire un eccessivo profumo di Casanova. Don Giovanni come lo vedo io non è così, è meno elegante e affettato, è più vitale e disordinato, in realtà anche il concetto stesso di personaggio applicato a lui è riduttivo. Qui siamo di fronte a una figura che sconfina nel mito, che va al di là del personaggio per diventare un simbolo dotato di vita propria, indipendente da quello che vi ha voluto raffigurare l'autore o l'interprete.
Anche sul piano squisitamente teatrale della recitazione, Don Giovanni ha qualcosa di particolare. Difficoltà?
In quest'opera bisogna saper recitare e da questi interpreti mi aspetto buoni risultati. Attenzione però a non fare una regola fissa del pretendere che un cantante reciti sempre come un attore. C'è chi pretenderebbe una recitazione simile anche nei recitativi, che so, di un'opera giovanile di Verdi. E' ridicolo. Lo spartiacque fra recitazione parlata e dimensione musicale non è qualcosa di rigido e prefissato. C'è meno distanza qui fra il parlato e il musicale di quanta ce ne sia nel giovane Verdi.
Don Giovanni allora è il vertice?
Non saprei. Nel teatro mozartiano ad esempio è un'opera meno libera di altre, troppo emblematica. Il flauto magico mi impressiona di più immaginativamente e Così fan tutte è un'opera psicologicamente più torbida, meno prevedibile. Quello di Don Giovanni è un libretto geniale che sconta qualche distrazione, ciò che non capita invece nelle Nozze di Figaro. Non mi si fraintenda però, Don Giovanni è pur sempre un'esperienza unica e entusiasmante.
Intervista di Giordano Montecchi
«L'Unità»
26 novembre 1990

Ronconi: il regista allunga la vita asfittica dell'opera


Mai fatti errori? Quel letto al centro della scena per il Don Giovanni a Bologna?
Non è detto che donna Anna non ci sia stata...Oddio, quella Donna Anna era abbastanza...sostanziosa. Semmai la cosa discutibile, e forse l'errore, è aver pensato di togliere un'ambiguità che è importante in Don Giovanni. Una scelta un po' troppo evidente, grossolana.
Intervista di Sandro Cappelletto
«La Stampa»
31 marzo 2003

Rassegna Stampa

Fischi e letti sfatti

L'impostazione scenica [...] tronca di colpo tutte le discussioni sulla seduzione della mente attuata da Don Giovanni e mostra apertamente la seduzione del corpo. Don Giovanni è un grande teatro di seduzione, anzi l'esibizionismo della seduzione: per questo dal siparietto teatralissimo al teatro della casa di Don Giovanni si insiste molto sulla teatralità della seduzione, di cui il protagonista è autore e regista assoluto. La recitazione naturalmente segue il passo. C' è odor di lenzuola in ogni scena, e anzi le signore arrivano sui loro letti come oggetti incorporati: Donn'Anna in un lettone sfatto dal quale emerge anche Don Giovanni […] Donna Elvira in un lettino più snello e portabile, che la segue per le strade. Zerlina, contadina, può disporre di fienili e balle di paglia accuratamente preparati ma è disponibile, senza tante storie o progetti, anche in piedi, contro un muro o un pilastro, perfino su una scaletta a pioli. E, quanto al protagonista, egli non ha un suo letto ma aspira, e lo otterrà alla fine, a un sontuoso letto tombale (giaciglio, mensa, altare, fossa e monumento tutto insieme). L' aria del catalogo diventa così il pretesto per una processione di letti enormi, disfatti e ormai vuoti issati su macchine che avanzano e s'incastrano in bellissima composizione scenografica. Il tutto in prospettive fortemente oblique, immerso in spazi enormi scanditi da teorie di pilastri con pochi muri, contemporaneamente aperti e chiusi, minacciosi e freddi.
Michelangelo Zurletti
«La Repubblica»
29 novembre 1990

Un delirio di letti

Il simbolo principale dell'eros di Don Giovanni è il letto. […] Aria del catalogo: mentre Leporello enumera lae conquista del padrone, compaiono uno dopo l'altro sette enormi letti a catafalco, come torri mozze o monumenti funebri, da cui rigurgitano affastellati cuscini, drappeggi di lenzuola candide sul fondo grigio della scena […] La scena di Margherita Palli è molto bella […] ma questo delirio arredatorio distrae terribilmente dalla musica e dalla percezione del dramma. […] Si scontrano, insomma, in questo spettacolo due forze opposte: da un lato quella centrifuga della regia che supera e rinnega continuamente il dato realistico per mettere in luce i possibili soprasensi; dall'altro quella di Da Ponte e Mozart che giungono invece al simbolo, fissando con allucinante chiarezza la realtà quotidiana dove la statua irrompe con la sua sconvolgente potenza metafisica.
Paolo Gallarati
«La Stampa»
29 novembre 1990

E seduzione fu

E' andato in scena ieri sera a Bologna l'atteso Don Giovanni di Mozart, che ha inaugurato la stagione d'opera del teatro Comunale. Molti e significativi i motivi di interesse per questa nuova produzione che mette insieme il primo incontro mozartiano di Riccardo Chally, la inconsueta regia di Luca Ronconi e la presenza di Ruggero Raimondi che torna in Italia con il suo ruolo più acclamato. […] Ha collaborato con Luca Ronconi per la scenografia Margherita Palli. «Siamo partiti da una prospettiva del Bibiena – racconta la Palli – e da quella è nato lo spazio popolato di letti in cui Don Giovanni seduce le sue donne, il doppio teatro in cui signori e contadini si ritrovano alla festa e la navata finale della chiesa per l'ultimo banchetto».
Valeria Vicari
«Il Resto del Carlino»
28 novembre 1990

Un maestro all'opera

Il ricorso puntuale ad una sorpresa «scenografica» continua […] tramata d'oggetti […] come ai letti vagabondi e turbolenti di un rivoluzionario Don Giovanni bolognese. […] Quell'originalissimo scavalcare il muro del cimitero, andando a provocare il Commendatore nel suo stesso territorio. Secondo documentata lettura di Tirso de Molina. E quell'increspata tempesta di letti ondeggianti, ove ognuno cantava la propria aria in bilico, come bambini-studenti scatenati, in un auto-scooter improvvisato e nomade, che era comunque geniale. Perché mutava prospettiva da cui guardare le cose, era come una rotazione a sorpresa delle previsioni, sonnolente, di regia: un ribaltamento logico e formale della tradizione. Anche l'aria impacciata e spesso stolida di don Ottavio (che richiede più un podio – magari morbido ed inaffidabile, come quel materasso – che non una trafficata piattaforma drammaturgica, da opera seria) assumeva un altro valore, significante: «smascherato».
Marco Vallora
«VeneziaMusica e dintorni»
n.45-marzo/aprile 2012