Fetonte


Prima rappresentazione
Teatro alla Scala, Milano
30 gennaio 1988

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

Com’è fragile e umano Fetonte, il figlio del Sole


Quando si rappresenta un’opera sconosciuta come Fetonte, c’è la possibilità di creazioni che non avrebbero senso in titoli di repertorio. Qui il libretto riprende pai pari la vicenda mitologica, che si svolge in Africa. Sicché il punto di partenza della regìa è proprio questo mondo caldo, solare, mediterraneo, visto però attraverso un altro mondo nebbioso e nordico, che richiama la Stoccarda dove Jommelli viveva all’epoca del concepimento dell’opera […] non voglio fare un spettacolo di carattere storico. Ovviamente i connotati di melodramma riformato si vedono, sono ben presenti in quest’opera […] lontanissima […] dall’opera barocca. […] Drammaturgicamente il libretto funziona? Sì, è ben congegnato, e anche la versificazione è di buona fattura. Per alleggerire abbiamo tagliato […] parecchi recitativi.
Intervista di Francesco Arturo Saponaro
«Il giornale della musica»
gennaio 1988

Quante care contraddizioni nel «Fetonte» di Jommelli


In realtà […] di mitologia in Fetonte non c’è molto. Il corpo centrale dell’opera è occupato da rapporti politico-sentimentali di stampo prettamente settecentesco: l’ascesa al trono, la strumentalizzazione di rapporti amorosi. […] ho pensato la spazio in cui si agisce come un cuore, un sole che si apre entro una cornice più gelida.
Intervista di Carlo Maria Cella
«Il Giorno»
20 gennaio 1988

Metterò Fetonte in salotto


È come se i personaggi, nell’azione teatrale, si trovassero ad attraversare zone differenti e contigue ma dal punto di vista logico non conseguenti […]: quanto accade nel momento B non è affatto conseguenza del momento A. […] L’ispirazione è mitologica ed è la leggenda classica della caduta di Fetonte, figlio di Apollo, postosi alla guida del carro solare. Ma a parte l’inizio e la fine, tutto il libretto è giocato su intrecci politici e su schermaglie sentimentali che […] hanno a che vedere con lo spirito del Settecento […] ho ambientato questo Fetonte […] in un palazzo del Settecento. È un’architettura […] del nord, come poteva essere quella della corte di Stoccarda, dove si inseriscono elementi teatrali barocchi, fastosi, splendenti. Nulla di troppo grandioso, anzi tutto è abbastanza raccolto.
Intevista di Domizia Carafòli
«Il Giornale»
19 gennaio 1988

Fetonte chi era costui? Alla Scala se lo chiedono tutti ma Ronconi sa quel che fa


È solo in questi giorni che ho visto come devo trattare l’aria […] e cioè come un movimento e non come un momento a sé stante, come capita di solito. Jommelli in questo è molto originale e lega strettamente aria e azione scenica, dal libretto non si capiva.
Intervista di Paola Rizzi
«L'Unità»
26 gennaio 1988

Lettera di Luca Ronconi a Cesare Mazzonis


Caro Cesare, come ci siamo detti tante volte questo «Fetonte» si definisce eroe soltanto per il suo tragico destino, perché entra in "agone" con il fato. In realtà gli eventi lo schiacciano, lo deprimono, ma contemporaneamente lo portano a cercare la sua identità, la sua origine: che è solare. Lo circonda un popolo che è di adoratori del Sole, e questo ho voluto accomunare ai nordici che l'opera di Jommelli commissionarono e allestirono. L'ho dunque ambientata in palazzo freddo, classico, austero, con telescopi che puntano il sole a squarci di spazio aperto popolato di palme: la rappresentazione è qui identica all'aspirazione di tanti cortigiani infreddoliti, è il salire con Fetonte i gradini che portano alla reggia del Solem è fare dell'astro (e degli elementi che lo rappresentano: carro, cavalli) una presenza tangibile tra le loro mura. In un'opera che musicalmente sta tra il barocco e il classico, sono (visivamente) proprio quegli elementi di rappresentazione, quelle fantastiche apparizioni, che si infilano tra le pareti classiche e lisce del palazzo. E anche qui mi pare che il conto torni. Resta il dato finale che l'accostarsi al Sole conduce a distruzione.

Rassegna Stampa


Una caduta color grigio

[…] giudizioso spettacolo di Luca Ronconi un po’ iniquamente “beccato” alla prima alla Scala […]. Saviamente […] il regista ha provveduto a delimitare e articolare e alternare gli spazi per i successivi numeri statici del durevole concerto da camera, riducendo le ampiezze intorno ai solisti […]: per lo più, stanzette. […] E malevolenze lievissime: ove Strehler [nel Don Giovanni alla Scala] si adatta al beige tiepido, qui ci si adegua al grigio-pomice livido. […] E cadute, anche dal cielo, più moderate e socialiste [… delle statue] dell’immaginario manieristico europeo. Forse però una regìa ronconiana (o anche meno) dovrebbe ormai estendersi ai ridotti della Scala. A una delle prime repliche, non si sarebbe riusciti a far credere a nessuno che questa è una capitale della moda, del design, della ristorazione, dei saggisti […].
Alberto Arbasino
«La Repubblica»
10 marzo 1987
Nella prima parte dell’opera, la messinscena di Luca Ronconi era, per lui, insolitamente moderata, persino ordinata; e la scena di Teti era davvero magica. Sfortunatamente, lo spettacolo […] era pensato per essere visto da un posto centrale. […] Con i cantanti singoli […] ha avuto la mano meno felice, imponendo loro posizioni scomode e stramberie senza senso. […]
William Weaver (trad. it. Jacopo Pellegrini)
«Financial Times»
14 febbraio 1988

Ascolta, si fa Jommelli

La fascinosa macchina spettacolare di un’opera siffatta non poteva non sollecitare l’immaginazione di Ronconi […]. Senonché questa volta il cumulo dei propositi eccellenti condotti in porto tra eccessi, confusione e lacune è stato tale da far arenare […] una regìa partita lancia in resta da premesse seducenti, come quel Fetonte giovinetto […] sognatore e irresoluto, trascinato al cimento fatale da passioni più forti di lui, in una reggia alienante entro cui la luce paterna del sole filtra come miraggio remoto.
Giovanni Carli Ballola
«L'Espresso»
21 febbraio 1988

Enfer et lévitation

L’essenziale quindi non consisteva nell’opera, ma nell’occasione offerta a Luca Ronconi di divertirsi. […] questo seviziatore di macchinisti ha colpito ancora. […] L’attesa imposta dai cambi di scena era anacronistica. Il risultato valeva la pena. In effetti, forse non si è mai visto niente di così folle all’opera. Mescolanza di gigantesco e di microscopico, sovrapposizione di spazi scenici, moltiplicazione dei riferimenti temporali, levitazione sistematica dei figuranti, ma anche dei protagonisti appollaiati su praticabili a tre piani […] sospesi nel vuoto come a smentire la legge di gravità. Gli dèi di Ronconi […] vivono in cupole rovesciate a 90° gradi. […] una antichità propizia a fantasmi eterni. Fantasmi risvegliati da Jommelli, ma sontuosamente riattivati dalle follie di Ronconi.
Anne Rey (trad. it. Jacopo Pellegrini)
«Le Monde»
9 febbraio 1933

Sotto un sole pallido

[…] ci aspettavamo macchine, artifici e baroccherie, ed invece abbiamo avuto un triste interno, una sorta di colombario, mura umide, sensazione di sporco: insomma qualcosa che poteva andare per la Rivoluzione francese […] o per il derelitto impegno. Sarà per un’altra volta.
Mario Bortolotto
«L'Europeo»
n. 8 - 19 febbraio 1988

Splendido «Fetonte», antieroe del ’700

Il problema […] era quello di inventare […] una situazione scenica dove sia la parte mitologica, sia la parte mondana si trovassero perfettamente a casa loro. Per questa operazione è stato creato un luogo fantastico, artificiale […]. Nello spettacolo c’è una sorta di vagheggiamento […] da parte di chi vive nell’ombra, un gioco, insomma, di antitesi […] al quale Ronconi ha dato naturalezza o grandiosità momento per momento. Fetonte è un antieroe, un uomo in crisi. […] Particolarmente al III atto, la cena si fa geniale nella riuscita tutta attuale d’inventare la lingua del barocco.
Duilio Courir
«Corriere della Sera»
1° febbraio 1988

«Fetonte», profumo di Settecento

Nello spaccato mobile di un palazzo in perpetua trasformazione, vediamo contemporaneamente l’azione e i suoi meccanismi teatrali. Mostrandoci assieme i cantanti che intonano le arie e quelli che riposano dopo la fatica, illustrando […] i congegni scenici dell’epoca jommelliana, Ronconi ci avverte che questo non è un mito greco, ma la sua riedizione in una prospettiva […] settecentesca […] che possiamo ammirare nella sua ideale bellezza, come le illustrazioni di un passato inesorabilmente scomparso […], ma le rivediamo come attraverso uno schermo ironico e distaccato […].
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
1° febbraio 1988

«Fetonte» alla Scala scende dal carro

Affidato l’onere dell’«evento» a una scenografia-regìa in kolossal, s’è creata una sproporzione fonica tra voci e orchestra […]. Il badiale palazzo settecentesco immaginato come sede attualizzata del racconto mitico […], i diversi corpi architettonici in moto perpetuo […], ha innescato un doppio processo. Da una parte ha fornito una certa congruenza scenica all’«affetto» volta a volta espresso da musica e azione, avvolgendolo in un’aura emotivamente concorde. Dall’altra, forse più spesso, ha ospitato una serie di controscene gelidamente parodistiche, comunque capaci di estraniare il flusso musicale […] (effetto amplificato dai lunghi intervalli necessari ai numerosi cambi di scena). Conclusione. Un Fetonte di lussuosa eleganza visiva, preso sul serio a metà sul piano della continuità drammatica, […] tenuto a cuccia e alla catena nella parte orchestrale. Avesse sfoltito […], Ronconi avrebbe tranquillamente toccato il cuore dell’opera. Come nella deliziosa scena della reggia di Teti (il miracolo marino consistendo in un semplice velatino) o in diverse arie e duetti, primo quello di Libia e Fetonte, dove i gesti aulici e stilizzati, il moto simmetrico verso celle lontane e in ombra, duplica esattamente il lamento e la disperazione della musica. Il lampo di Giove, la finale caduta di Fetonte (volo libero al ralenti contro un fondale bianco per tutta l’altezza del boccascena) spiazzano invece la musica d’un finale tragico […].
Maurizio Papini
«Il Giornale»
1° febbraio 1988

Fetonte sotto lo schiacciasassi

[…] si è inventato uno spettacolo per i fatti suoi, conferendo carisma, seduzione, coraggio, tutto quello che può applicare […] ad ogni testo, e dunque anche a Jommelli, senza che per questo si differenzi in qualche modo dagli altri autori e dalle altre opere.
Lorenzo Arruga
«Il Giorno»
1° febbraio 1988

Le due anime di «Fetonte»

È, insomma, un gioco suggestivo e pulito di «macchine» che fanno teatro e lo svelano […] rivelando a noi […] un racconto di affetti e di eroismi con le medesime emozioni che magicamente siffatto teatro appalesava oltre due secoli fa.
Egidio Saracino
«Avvenire»
2 febbraio 1988

«Fetonte» kolossal: Ronconi divide

[…] regìa immaginosa e fuorviante di Ronconi, che ne ha fatte davvero di tutti i colori per far sentire la sua presenza, […] continuo saliscendi a cui i cantanti, quasi dovessero allenarsi a un reclutamento nel corpo dei vigili del fuoco, erano costretti, e in un ambiente scenico che evocava tutto fuori che un clima settecentesco, […] ognuno sembrava muoversi ignaro dell’altro, nella più stravagante mancanza di qualsiasi nesso narrativo. Gli unici momenti in cui la macchinosità dell’impianto è confluita nel senso della musica sono stati nella scena finale dell’opera, dove l’imponenza delle immagini e la forza espressiva della luce, a lungo attesa, ha ricordato che avevamo assistito alla riesumazione di un’opera settecentesca.
Leonardo Pinzauti
«La Nazione»
1° febbraio 1988

Meraviglie barocche dentro gli scatoloni,

Per tutti [i cantanti] d’obbligo l’attenuante delle non metaforiche acrobazie imposte dalla regìa […]. Qualcuno canta appollaiato a cinque o sei metri d’altezza, altri dopo esser scesi dal cielo appesi a un filo come il Cupido di Arbore. […] Il tutto […] appare segreta comunicazione per pochi eletti.
Daniele Spini
«Il Mattino»
1° febbraio 1988

Ronconi, un «Fetonte» bello e cupo

L’opera metastasiana, scenograficamente parsimoniosa, trapassa, sotto questo aspetto, nel suo esatto opposto. Ma non è d’accordo evidentemente il regista […] che […] ha piombato Fetonte nell’umido grigiore di una fabbrica a diversi piani con finestroni quadrettati sullo sfondo, e scale, e scalette a pioli su cu i personaggi si arrampicano; senza contare quelli sospesi alle funi e carrucolati su e giù, come sacchi, in verticale. L’effetto è decisamente oppressivo nel I atto in cui la musica di Jommelli stenta a decollare e vorrebbe un rilancio figurativo che la tenesse a galla […]. Meglio vanno le cose nel II e III atto in cui lo spettacolo acquista più mordente e tra l’intellettualismo dei simboli ronconiani […] vengono fuori alcuni squarci di bel teatro […]. Ma l’opera […] non offre il minimo spunto ironico per dar adito allo smascheramento dei meccanismi teatrali: cosa che Ronconi fa anche qui sistematicamente, piazzando […] cantanti in atto di vestirsi, strumentisti in attesa; e arredi […].
Paolo Gallarati
«La Stampa»
3 febbraio 1988

«Fetonte», e Ronconi si scatena

[…] un Luca Ronconi scatenato, trapezista e contorsionista d’inventive, barocco disfrenato, capriolesco, sovreccitato e surrealistico: viepiù vorticoso nell’infiammato procedere d’immagini.. Sì che egli, finalmente qui libero di travolgere ed annichilare le vilesche e bigie barriere del verisimile e d’ascendere all’empireo del puro virtuosismo inventivo, irrelato dal tutto, ci ha propinato […] tanto ardire […]: ammappela in vero.
Enrico Cavallotti
«Il Tempo»
2 febbraio 1988