«Troyens» di Berlioz in una edizione di alto livello
[…] uno spettacolo che ha saputo compenetrare gli elementi classici con quelli romantici in una miscela di grande fascino, e nel quale il richiamo letterario riesce ad una osmosi con la bruciante tensione musicale.
Piero Santi
«Avanti!»
6 maggio 1982
Un dinosauro musicale tra Kitsch e sciatteria
A loro attenuante va portata tuttavia la ferocia con cui infierì su di loro quel falso genio che si chiama Luca Ronconi le cui gesta si rinnovano sempre diverse e tuttavia uguali, con la malinconica ricaduta dei vizi patologici. Il vituperato Cecil De Mille, principe del gigantismo pseudo storico di Hollywood, fu, al confronto, un maestro di gusto e discrezione.
Piero Buscaroli
«Il Giornale»
6 maggio 1982
Il rosso del sangue e un tricolore per vestire Didone
Partiti dal consueto principio di seguire il libretto e mai la musica, convinti che una nota valga bene una macchina, Frigerio e Ronconi riempiono il palcoscenico di attrezzi, costringendo più volte il coro a rifugiarsi nella buca d’orchestra […]
Però, pur non potendo condividere la macchinosità come soluzione sistematica, resta da vedere come quella sia realizzata: e ci troviamo di fronte allo spettacolo più tranquillo e pulito di Ronconi.
Michelangelo Zurletti
«La Repubblica»
6 maggio 1982
Questo Berlioz si prende troppo sul serio
Fastoso e godibile lo spettacolo […]. La regìa […], spiegata a esclusivo sostegno della musica con lodevole sobrietà, era apprezzabile anche per gli effetti di luce, le appropriate manovre delle masse, le suggestive composizioni di gruppo.
Rodolfo Celletti
«Il Globo»
6 maggio 1982
Berlioz e Ronconi
Luca Ronconi è in certo senso l’elemento decisivo di questa interpretazione dei Troiani, anche se lo spettacolo presenta ancora qualche smagliatura sul piano tecnico. Il regista non ricerca una drammaturgia narrativa che l’opera rifiuta: i Troiani sono visti in chiave schiettamente neoclassica e come un accadimento di fati che nascono e si spengono episodicamente. Nella visualizzazione si accumulano reperti di archeologia figurativa (da Poussin alle architetture imperiali ottocentesche) con allusioni neoclassiche del tutto inventate. Il quadro visivo è concepito come un seguito di avvenimenti in cui il consueto macchinismo barocco, caro a Ronconi, appare come razionalizzato, legato alle motivazioni della più raffinata cultura francese […] una ricostruzione attualizzata del gusto napoleonico parigino. Il gioco delle prospettive, la conciliazione tra costruttivismo scenografico e immaginazione pittorica […] creano una drammaturgia deliberatamente artificiale che si consuma nello spettacolo. Le parentesi intimistiche, invece […] sono disegnate con estrema discrezione. In definitiva Ronconi […]opta per la fantasmagoria scenica nella prima parte La presa di Troia, mentre nella seconda, I troiani a Cartagine, là dove le situazioni teatralmente si semplificano, punta sulla emergenza di una tenerezza appena sfiorata. Anche la scena diviene qui più spoglia, creando una specie di vuoto emotivo con un’assenza amorosa proprio nel momento in cui la passione tra Didone ed Enea si manifesta esplicitamente.
Mario Messinis
«Il Gazzettino»
6 maggio 1982
Ronconi-Prêtre illuminano anche Berlioz
Luca Ronconi ha avuto con la partitura di Berlioz uno degli incontri più felici della sua carriera: la mescolanza degli stili, classicismo e romanticismo allacciati in una simbiosi inestricabile, il soffio veemente della natura, la monumentalità e la staticità da bassorilievo sono elementi privilegiati per innescare la sua fantasia. […]
Il gigantismo […] si rivela una felicissima metafora scenica della spasmodica volontà di potenza dell’orchestra berlioziana […].
Enzo Restagno
«Stampa Sera»
5-6 maggio 1982
Scoppia la guerra di Troia
Questo […] è uno dei più begli spettacoli realizzai da Ronconi: uno spettacolo di eccezionale varietà, pieno di annotazioni intelligenti, di richiami culturali, di illuminazioni geniali. […] È il mondo dell’Eneide virgiliana riletta da un romantico che ha guardato le rovine ottocentesche di Roma, che ha studiato il Viaggio in Italia di Goethe, che ha assorbito la Rinascenza attraverso i drammi di Shakespeare.
Il risultato è uno straordinaria fusione di romanticismo e manierismo, dai quadri pittorici «alla Poussin» all’ombra del monumento a Vittorio Emanuele II proiettato ironicamente nel finale a indicare quale sia la Roma vagheggiata da Berlioz. Tutto questo, infine, è mosso con uno sbalorditivo senso del teatro, aprendo e chiudendo scorci, portando alla ribalta il mare o la foresta, la ferrigna potenza greco-troiana o la sontuosa mollezza cartaginese, muovendo i piani o bloccando le figure in quadri di plastica intensità.
Che un simile spettacolo sia riuscito, nonostante la fretta e la insufficienza delle prove, è una ulteriore prova della maestria con cui Ronconi domina la materia teatrale.
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
6 maggio 1982