I vespri siciliani

Musica:   Giuseppe Verdi

Personaggi - Interpreti:
Guido di Monforte - Leo Nucci
Giovanni da Procida - Bonaldo Giaiotti
Elena - Susan Dunn
Vaudemont - Sergio Fontana
Tebaldo - Bruno Lazzaretti
Danieli - Sergio Bertocchi
Manfredo - Walter Brighi

Maestro direttore e concertatore:   Riccardo Chailly
Maestro del coro:   Fulvio Angius

Scene e costumi:   Pasquale Grossi


Allestimento:   Teatro Comunale di Bologna


Prima rappresentazione
Teatro Comunale, Bologna
09 febbraio 1986

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

I miei vespri: grandi non colossali


Qualcuno dice che questa volta vedremo un Ronconi diverso, neotradizionalista...
Non so. Che cos'è la tradizione? In quest'opera i pezzi che fanno più tradizione sono l'ouverture e la danza delle quattro stagioni. Ebbene, la danza non c'è. Tanti spettacoli che ho fatto li per li sembravano antitradizionalisti e adesso invece sono tradizionalisti, perchè molti li fanno così. Non confondiamo la tradizione con la routine. La tradizione è qualcosa che si rinnova continuamente, che si integra di nuovi apporti. La routine no.
Il teatro di Verdi....
E' un teatro con cui fare i conti. Lui era un grande uomo di teatro. E la sua musica è fatta in funzione teatrale. Un'opera di Verdi in forma di oratorio mi sembra davvero impensabile.
E dei «Vespri siciliani» cosa pensa?
E' un tantino retorica. Dal punto di vista drammaturgico è molto abile, costruita in modo che a Parigi facciano bella figura i francesi e a Palermo i siciliani. Dovrebbe essere più cinica.
Pierangelo Sapegno
«La Stampa»
31 gennaio 1986

Il 'grand opera' firmato Verdi


Sembra che per caso o per scelta Luca Ronconi preferisca il Verdi più macchinoso...
Beh, chissà, ora che ci penso, sì, forse. Ma poi quali sarebbero le opere non macchinose? Tolti i casi estremi di Rigoletto, e Traviata, la stessa concentrazione a cui è sottoposta, drammaturgicamente, l'idea di uno Schiller o di un Hugo crea una certa artificialità. Qui poi abbiamo addirittura Scribe.
E questa artificialità piace a Ronconi?
Certo che mi piace. Ho sempre sostenuto che il teatro è una macchina. "I Vespri" sono il primo vero e proprio "grand opèra" verdiano. una teatralità fastosa che si aggiunge a quella del melodramma. In realtà mi sembrano piuttosto un'opera ripetitiva. Sono cinque atti che ripetono un unico schema drammaturgico. I personaggi sono manichini. Nel nostro spettacolo mancano i balletti. Non è una mia scelta, ma è stata una necessità del teatro. Così però, è venuto a mancare un ingrediente importante del "grand opèra". E a quest'opera che ha due passaporti, uno italiano e uno francese, che rappresentata in Francia fa fare bella figura ai francesi, rappresentata in Italia sembra patriottica, finisce per mancare, senza balletto, proprio il suo carattere, senza balletto, proprio del suo carattere francese. Resta alquanto sbilanciata la prevalenza dei cori. Vengono però al pettine i nodi dell'azione". "I Vespri" vennero scritti per Parigi. Ma la cacciata dei francesi da Palermo è un curioso soggetto per Parigi. Un soggetto retorico. In fondo i personaggi simpatici, i "buoni", sono quelli francesi o che per successive agnizioni passano dalla parte dei francesi. Gli italiani sono dei guastafeste, fino alla fine. E anche dei guastafeste sleali. Il patriottismo di quest'opera è perciò una convenzione retorica.
E se in Verdi lo fosse sempre?
Chissà: forse sì. Certo l'aspetto meno riuscito del suo teatro. Gli riesce solo quando può risultare ambiguo. O meglio, quando i personaggi sono complessi e non giocano solo i temi di una narrativa popolare, come qui, ma entrano in ballo i grandi temi e i grandi giochi di Schiller, di Shakespeare. O di Hugo. Allora i conflitti sono tragici. Qui sono artificiali: amor di figlio, amor di patria; amor di patria, amor di figlio; amor d'amante, amor di patria, e così via. Non abbiamo personaggi o situazioni, ma cliché di personaggi e situazioni.
E questi cliché facilitano o no la regia?
Io non penso che esista un modo di fare la regia d'opera, come non penso che esista un modo di fare teatro. Ogni autore, ogni opera, musicale o no, presenta problemi particolari. Così non esistono personaggi assoluti, un personaggio di Mozart è un'altra cosa da un personaggio di Wagner, anzi i personaggi sono funzioni drammaturgiche, non individui psicologici. Poi, nel teatro d'opera, una cosa è una drammaturgia che passa attraverso la voce, come quella di Verdi, e un'altra quella che passa attraverso il comportamento scenico, Wagner o Debussy: ma lo stesso problema posso trovarlo anche nel teatro di prosa, che so, tra mettere in scena Ibsen o Pirandello. Voglio dire che non si può e non si deve chiedere a un cantante di agire come un attore: semplicemente perchè non lo è. E allora io devo sapere di usare un cantante e non un attore. I Masnadieri di Verdi non sono quelli di Schiller, e non vanno messi in scena come se fossero quelli di Schiller. Il tenore è tenore e il baritono è baritono: hanno una funzione drammatica proprio perchè tenore e baritono, non perchè questo o quel personaggio.
E allora, come saranno questi "Vespri"?
Prima di tutto si è pensato di calare tutto in un colore, in una luce mediterranea. E che cosa c'è di più mediterraneo di certa vegetazione? Così ogni atto ha una sua vegetazione: ci sono gli aranci, le ginestre, le palme, gli ulivi. Ogni atto prevede poi dei sipari di gusto ottocentesco, di un Ottocento che rievoca il Medioevo. Le situazioni appaiono di volta in volta tradotte in immagini precise. Penso che il pubblico si divertirà a riconoscerle.
Dino Villatico
«La Repubblica»
4 febbraio 1986

Rassegna Stampa

Fra ulivi e fichidindia il trionfo dei 'vespri'

Il sipario riproduce, grande quanto tutta l'apertura del boccascena, l'immagine dei Vespri siciliani di Francesco Hayez, quadro che si trova alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Ogni volta che si alza, tra gli ampi tendaggi dipinti con scene che paiono illustrare la vicenda che vediamo svolgersi sulla scena, compaiono ora boschi di palme, ora nodosi ulivi su uno spiazzo roccioso da cui spuntano fichidindia e altre piante, ora le grandi masse rocciose delle Latomie. […] Le prospettive mutano e mutano i luoghi, o il senso che i luoghi acquistano nell'azione. […] C'è tuttavia un contrasto tra quei drappeggi dipinti che sgualciscono immagini d'un medioevo ottocentesco e il realismo illusionistico dei giardini, di quell'esplodere mediterraneo di palme, cardi, fichidindia, ulivi e ginestre. […] Le tende sono pesantemente finte, fanno teatro, teatraccio di pupi o di burattini, i giardini invece sono spudoratamente veri, il boschetto di aranci all' ultimo atto pareva così vero che veniva la tentazione di allungare una mano e cogliere qualche frutto. Incorniciando tanta verità, le tende la fanno diventare finta: e tutto appare così mescolato, rispecchiato, confuso in una comune finzione teatrale. Ma questa finzione non riproduce alcuna verità, affastella anzi luoghi comuni della retorica teatrale romantica: il patriota, il padre tiranno, la donna sola che combatte contro il tiranno e la sorte che la fa innamorare del figlio del tiranno. Luca Ronconi e Pasquale Grossi, su tutta questa macchina di convenzionali emozioni, hanno steso l'ironia di quelle tende-sipario che si spalancano sulla finzione di giardini che sembrano veri.
Dino Villatico
«La Repubblica»
8 febbraio 1986

E al Vespro vinse Verdi

In un'opera di questo genere, nata nella dimensione parigina, non sono minori le difficoltà dell'allestimento. Ronconi e lo scenografo Pasquale Grossi le hanno superate in modo eccellente cogliendo il difficile rapporto tra la sontuosità del grand opera, il racconto popolare e il dramma intimo dei personaggi. Ronconi e Grossi trovano il punto di contatto nella iconografia ottocentesca. […] E' il mondo verdiano che avvolge il racconto, tra le cornici del teatro francese, le lussureggianti verzure, le palme, gli aranci e il cielo infuocato di una Sicilia ad un tempo mitica e reale. […] Ronconi muove queste immagini, le taglia chiudendo e aprendo scorci e visioni, guidando l'occhio dove il dramma si annoda.
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
8 febbraio 1986