Il caso Makropulos

Traduzione:   Sergio Sablich
Musica:   Leoš Janáček

Personaggi - Interpreti:
Emilia Marty - Raina Kabaivanska
Albert Gregor - José Cura
Il sollecitatore Vitek - Mauro Buffoli
Cristina - Laura Cherici
Jaroslav Prus - Paola Speca
L'avvocato dott. Kolenaty - Gabriele Monici
Hauk-Sendorf - Ugo Benelli
Strojník - Claudio Ottino
Polízecka - Adriana Bono
Komorná - Antonella Bertaglia

Maestro direttore e concertatore:   Pinchas Steinberg
Maestro del coro:   Massimo Peiretti

Scene:   Margherita Palli
Costumi:   Carlo Diappi


Allestimento:   Teatro Regio di Torino


Prima rappresentazione
Teatro Regio, Torino
09 dicembre 1993

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi


L’atto più difficile è il I, quello in cui si snocciola tutta un’interminabile querelle giudiziaria che mette a dura prova la comprensione del pubblico […] la Marty la si può paragonare a una drogata in crisi di astinenza. Ma indubbiamente non è soltanto questo: l’isteria e anche certe cattiverie […] a cui è soggetta […] non dipendono solo da un fatto fisico, ma anche psicologico. Non ne può più, ha vissuto troppo. E questo aspetto viene fuori specialmente dalla commedia […] nella commedia c’è un aspetto un po’ moralistico, che invece nell’opera è completamente assente. L’eternità non è stata rappresentata da simboli espliciti. Molto spesso ci sono “orologi”… ma […] può anche essere l’orario di partenza del treno […]. Invece abbiamo cercato di suggerire questo concetto attraverso un’idea portante in tutta la scenografia: un lunghissimo corridoio sospeso nel vuoto, le cui porte […] sono messe […] “sotto” […] e con un baratro da una parte e dall’altra […] è una sfida pazzesca per i cantanti che lo devono percorrere, perché è una sfida alla legge di gravità […] questo dà un senso di lontananza e anche qualcosa di metafisico […]. È bene che il Makropoulos rimanga un’opera metaforica.
dal programma di sala

Il progetto nasceva insieme, proprio con l’idea di mettere in scena il testo in prosa e l’opera. È stato molto interessante lavorare contemporaneamente a questi due spettacoli, nell’opera si va più sul metafisico, è più incentrata sulla protagonista, Emilia Marty, e ci sono meno personaggi rispetto alla commedia; il testo di Čapek ha invece uno spirito più paradossale. Avevo due straordinarie protagoniste, molto seducenti, come Mariangela Melato per la commedia e Raina Kabaivanska per l’opera, c’era una bella competizione amichevole tra le due, l’una è andata a vedere lo spettacolo dell’altra. Il lavoro di Janáček più che melodramma è teatro musicale.

Rassegna Stampa

Per un paio di settimane Torino è la capitale del teatro in Italia. Luca Ronconi mette in scena contemporaneamente L’affare Makropulos del drammaturgo ceco Karel Čapek al Teatro Carignano e al Regio l’opera omonima di Leoš Janáček, che utilizza abbastanza fedelmente la commedia con qualche taglio e un nuovo epilogo. Bellissima l’idea di allestire negli stessi giorni il testo drammatico e quello musicale, considerate le relazioni che sussistono tra Čapek e Janáček. Il musicista ceco infatti era stato fortemente impressionato nel 1922 dalla commedia, che subito dopo musicò ultimando la stesura nel 1925.
Mario Messinis
«Il Gazzettino»
18 dicembre 1993
Volevo dare il senso di un personaggio che ha una sua propulsione enorme per la vita e per la morte. Già comunicare queste due componenti significava realizzare ciò che Ronconi e io avevamo intuito. (...) Ma Emilia è senza psicologia, è un manichino vuoto. Non avevo paragoni a cui rifarmi, però sentivo che la presenza doveva essere forte. Da qui è nata tutta la mia grande fatica. Quando non si hanno emozioni da far passare, è più difficile recitare.
Mariangela Melato (Intervista di Osvaldo Guerrieri)
«La Stampa»
11 dicembre 1993
Ronconi mi faceva scendere da una discesa pericolosa, attaccata con una cintura a un palo a sessanta metri di altezza. Durante il primo giorno di lavoro il teatro non mi voleva far cominciare la prova poiché non ero in possesso di un’assicurazione sulla vita! Ma il genio di Ronconi aveva lavorato magnificamente, creando un percorso dall’altro mondo: trecentosettantasette anni attraverso una musica allucinata. Ricordo le discussioni su come vestirsi, e ogni particolare curato nei minimi dettagli per dare vita a una figura senza tempo.
Raina Kabaivanska (Intervista a cura di Mirko Schipilliti)
«VeneziaMusica e dintorni»
n. 45-marzo 2012
Luca Ronconi si muove perfettamente a suo agio nella cultura mitteleuropea del primo dopoguerra, nella Praga magica ove l’evidenza realistica si confonde con un mondo allucinatorio. L’impianto scenografico sghembo vale a creare un clima di lucido delirio. Sono architetture un poco surreali: una pista attraverso il palcoscenico con librerie oblique e aggettanti, linee spezzate e geometriche tra espressionismo e Bauhaus. Ne esce uno spettacolo magistrale, in cui Ronconi mette a fuoco anche una recitazione analitica.
Mario Messinis
«Il Gazzettino»
cit.
Un ambiente tormentoso, violento, da delitto, più psichico che reale. È questo l'ambiente – di straordinaria efficacia – che Luca Ronconi e Margherita Palli hanno realizzato al Teatro Regio. (...) Questo Affare misterioso, storia di fantascienza tinta di giallo – in sintesi: l’epilogo esistenziale di una cantante che ha raggiunto l’età di 337 anni grazie a un prodigioso elisir – Janáček l’ha tradotto per il pentagramma con una scrittura rapidissima, densa di accenti, intuizioni, inquietudini e dando alle parole un’incisività emozionale. (...) Tale valore della parola nella esecuzione torinese è andata perduta. (...) Tutto il resto va più che bene. Lo stupendo spettacolo scenico si abbina a un’esecuzione musicale pregevolissima. Pinchas Steinberg dirige con meticolosa osservanza la fulminante partitura di Janacek. Nel cast domina la protagonista Raina Kabaivanska, impegnata in un ruolo di estrema tensione vocale, cui essa dà la sua pregnante personalità, sottolineata da un look alla Greta Garbo.
Carlamaria Casanova
«Il Sole 24 Ore»
13 dicembre 1993
È difficile raccontare, in poche righe, l’infallibile esattezza dell’allestimento (...). Al taglio essenziale della musica corrispondono le geometrie sghembe e i lunghi piani sui quali i personaggi giungono da irreali distanze in un mondo convulso e frantumato. E in esso si muovono: caratteri diversi, disegnati con straordinaria varietà e precisione, e tuttavia legati, come marionette, al filo di un destino manovrato da altri. Tra di essi, guidata da un’implacabile volontà e tuttavia già segnata dalla morte, si erge la fatale protagonista, bellissima e cadente, avida di vita e logorata dai secoli.
Dino Villatico
«La Repubblica»
11 dicembre 1993
Nel punto cruciale, quando assume la sua età smisurata, la protagonista si rappresenta in una transizione rapinosa: in fondo, si libera dall’orrore della morte quando rivela l’orrore del suo corpo in disfacimento; e muore in una sequenza indimenticabile, come una grande farfalla notturna, una tragica marionetta che sente il suo corpo disperato liberarsi dai lacci e tiranti che la tenevano su con un necromantico artificio.
Giorgio Pestelli
«La Stampa»
11 dicembre 1993
Questo ambiente, capolavoro scenico, dà una tinta d’incubo strambo, inconfondibile, al racconto grottesco di Capek e alla musica ostinata e avvincente di Janáček, la parabola drammatica e amara della grande cantante che ha magicamente più di 300 anni e che non chiede che morire. Ugo Tessitore ha fatto omaggio a Ronconi, purtroppo assente per malattia, riprendendolo [l’allestimento] ineccepibile e vitale.
Lorenzo Arruga
«Il giornale»
25 gennaio 2009
La ripresa di un allestimento di anni e anni prima è sempre una prova del nove. Gli spettacoli così così naufragano, quelli nati già vecchi diventano improponibili, quelli buoni invecchiano bene, quelli ottimi possono persino migliorare. Ed è questo il caso del Caso Makropulos di Leoš Janáček nell' edizione prodotta nel 1993 a Torino e Bologna, passata anche per Napoli e ora in scena alla Scala per la regia di Luca Ronconi (…). Le scene di Margherita Palli sono paradossalmente ‘fedeli’ (…) ma sghembe. Sembra una messinscena in 3D ma di prima del digitale. Perfetta per questa musica e per questa drammaturgia (…) anche perché ‘interpretata’ da una gestualità e una recitazione congrue a tal contesto. In ciò sta il punto di forza di questa ripresa: un cast che fa del canto e dello stare in scena un tutt’uno, cantanti che sanno quel che stanno dicendo e perché dirlo in quel modo. Nel caso di Angela Denoke, la protagonista, ciò non stupisce. È interprete troppo brava, troppo intelligente, troppo donna da non capire tutto e subito. Nel caso degli altri (…) significa che Ronconi (ovvero il suo braccio destro Ugo Tessitore) ha lavorato bene, come si trattasse di un nuovo allestimento.
Enrico Girardi
«Corriere della Sera»
18 gennaio 2009
[…] lo spettacolo di Luca Ronconi, nato nel ’94 a Torino, è parecchio invecchiato: una delle sue consuete megacostruzioni, stavolta librerie strapiombanti di sbieco su una passerella ad angolo retto librata in aria, che poi sta lì e non serve a niente, mentre il ben più decisivo lavoro sui personaggi è solo sbozzato […].
Elvio Giudici
«Il giorno»
18 gennaio 2009
Uno spettacolo […] dopo cinque o sei anni comincia a invecchiare, tranne poche eccezioni come l’Affare Makropulos […] che la Scala ha ripreso […]: felice incontro di semplicità e forza simbolica, senza i manierismi talvolta presenti nelle regìe di Luca Ronconi. Qui c’è una recitazione che la velocità cronachistica dell’opera e la fedele trasposizione in musica della conversazione operata da Janáček, permette di condurre a un grado di realismo sovente impossibile nel teatro musicale. Ma sono soprattutto le scene di Margherita Palli che ancora impressionano […].
Paolo Gallarati
«La stampa»
21 gennaio 2009