Evidenziando la componente ironica che caratterizza la partitura nella fantasia dei suoi contrasti stilistici, Luca Ronconi ha impostato una regia brillantissima che smaschera i meccanismi convenzionali dell’allegoria celebrativa. Vestiti dei rispettivi colori nazionali nei costumi disegnati da Gae Aulenti, i personaggi percorrono il palco e la platea del raccolto auditorium Pedrotti sovrastato da uno schermo mobile, dall’ organo e dal teatro delle marionette di Gianni e Cosetta Colla, che scende occasionalmente dall’ alto a rappresentare le scene di danza. Alla fine, proveniente dalla piazza esterna, entra dal fondo il corteo reale con un colpo di scena di grande effetto. Esattamente come Rossini, Ronconi gioca a rimpiattino col teatro e stringe tutto nell’ organica unità di una visione moderna, piena di affascinanti trovate figurative.
Paolo Gallarati
«La Stampa»
19 agosto 1984
Il viaggio a Reims è, diremmo, il viaggio di Rossini nelle convenzioni del suo far musica, che risulta qui svuotato di più vere ‘giustificazioni’ e ridotto a formula, a ‘cerimonia’, sontuosamente esteriore (l’‘incoronazione’ della musica), condotta con virtuosistica bravura, tutta giocata sull’astrazione più esasperata. Rossini, ancora più di noi, avrebbe applaudito l’idea di Ronconi di trasformare il ballo in un’apparizione di marionette sospese sul palcoscenico e, appunto, sul vuoto sgambettanti (…) con la precisione ‘meccanica’ di fantomatici trapezisti.
Erasmo Valente
«L’Unità»
19 agosto 1984
Squisita lucidità di Claudio Abbado nel far fronte alla luminosa folly di Rossini e alla costellazione di cantanti mirabili; felicità e grazia pari all’equilibrio e alla misura, nelle invenzioni inesauste e necessarie di Luca Ronconi e Gae Aulenti. Una occasione storica, epocale, indimenticabile: nella vicenda recente dei nostri allestimenti operistici, sintomi di genialità non disgiunti da segnali di rinsavimento.
Alberto Arbasino
«La Repubblica»
1 settembre 1984
‘Dev’essere un film: sono in costume, ci sono le telecamere!’. ‘Eppur quelli lì non sono costumi, sono le divise delle maschere della Scala, quelli neri, col medaglione al collo’. Tiratardi metropolitani, turisti un po’ allibiti e pronti a far fuoco con l’immancabile macchina fotografica, ritardatari dal passo spedito e l’aria assonnata. I frequentatori del quadrilatero compreso tra piazza Duomo, piazza San Fedele e piazza Scala, da lunedì sera hanno uno svago imprevisto: il corteo, da martedì sera tutto azzimato in costume, di Carlo X che deambula facendo passerella in Galleria preceduto da una telecamera, illuminato a giorno sotto i fari posti dai tecnici scaligeri sul cammino. La componente ‘esterna’ della rappresentazione del rossiniano Viaggio a Reims s’è già conquistata una fetta considerevole di pubblico spontaneo. Soprattutto nelle prime due ore di prova, dedicate all’entrata e all’uscita solenne nella chiesa di San Fedele, s’era raccolta attorno a figuranti una vera folla. Imperterrite, sotto gli ordini di Angelo Corti, poi anche di Luca Ronconi, le mosse della sfilata storica sono state ripetute più volte, precisando piccoli particolari. La Scala ha così fatto partecipe la città della preparazione di questo attesissimo spettacolo.
Angelo Foletto
«La Repubblica»
5 settembre 1985
Due giganteschi eidophor (…) portano all’esterno quel che avviene sul palcoscenico scaligero, che la scenografia di Gae Aulenti ha adattato a misura del dramma giocoso musicato da Rossini per celebrare l’incoronazione di quel brevissimo (…) e reazionario sovrano: orchestra sollevata dal golfo mistico e portata a vista, a livello del proscenio; qualche fila di poltrone sacrificata all’esigenza dei praticabili che corrono tutt’attorno ai primi palchi. Mentre Corinna, la marchesa Melibea, il cavaliere Belfiore, lord Sydney, bloccati dalla mancanza di carrozze e cavalli alla locanda del Giglio d’oro di Plombieres, spasimano perché non riescono a raggiungere Reims, le mondanità della cerimonia regale e placano le loro ansie sociali con festeggiamenti a distanza e inni alla riconsolidata monarchia di Francia (…). Così come la folla (…) assiepata lungo il breve ma rallentatissimo percorso esterno del corteo ha potuto assistere allo spettacolo più propriamente rossiniano, il pubblico della platea e dei palchi, attraverso due schermi piazzati al centro del palcoscenico, e quello centrale calato di volta in volta, ha potuto, in un gioco di dissolvenze, vivere l' interazione, tra l’interno e l’esterno, tra la vicenda musicale e l’invenzione ‘posticcia’ dell’affiatatissimo duo Ronconi-Aulenti. Un posticcio, comunque, perfettamente integramente tessuto nell’opera e tanto suggestivo da allargarne teatralmente il respiro e da legittimare, nel più ciclopico successo, questo allargamento del palcoscenico e della platea scaligeri all’inventato spazio di una Milano ancora stendhaliana.
Guido Vergani
«La Repubblica»
11 settembre 1985
In tal modo, dentro e fuori, tutti vedono e ascoltano la medesima opera nata centocinquant’anni or sono dalla fantasia di Rossini e ricreata oggi da quella di Ronconi. Nei due momenti, il gioco sta tutto nella parola magica ‘fantasia’, che trasforma un’occasione celebrativa in un’opera musicale, e questa in uno spettacolo ricco di sorprese, di trovate, di mirabili imprevisti.
Rubens Tedeschi
«L’Unità»
11 settembre 1985
Il clima assolutamente fuori dal comune della serata consisteva non soltanto nel tripudio, ma nell’atmosfera di puro e squisito divertimento propagato dal palcoscenico al pubblico. Un pubblico che ha applaudito a scena aperta il balletto delle marionette dei Colla e che non ha potuto fare a meno di sorprendersi con risate e altri applausi all’ultimo ‘scherzo’ della regia: la corsetta, poco regale, di tutto il corteo esterno verso la platea del teatro, spiccata improvvisamente prima d’entrare sotto gli augusti portici del Piermarini. La carica particolare di tutti gli interpreti, fatta spumeggiante dalla musica, non poteva lasciare indifferenti. L’anno in più ha aggiunto disinvoltura e umore più sottile alla recitazione dei personaggi: sembrava proprio che si divertissero. Nel complesso il regista non ha ripensato uno spettacolo già parso esemplare a Pesaro; l’ha ampliato e adattato al palcoscenico scaligero ottenendo maggiore ariosità e impostando in modo più efficace (seppure meno surreale) il fuoco incrociato delle immagini moltiplicate dagli schermi. C’erano alcune trovate aggiunte, qualche movimento in più, ma il nocciolo dello spettacolo rimaneva impeccabile sulla lunghezza d’onda dello scoprimento dei meccanismi teatrali capaci di illuminare di sbieco, per allusione ironica, quelli musicali. In questo senso Il viaggio a Reims di Aulenti Ronconi assomiglia a una lezione di filologia drammaturgica rossiniana: elegante, salace, variegata, irresistibile.
Angelo Foletto
«La Repubblica»
11 settembre 1985
Il viaggio a Reims è rimasto, come speravo e avevo già provato a Pesaro, il ricordo di una grande festa. (...) Ma festa non soltanto perché ha coinvolto migliaia di persone dentro e fuori al teatro, in galleria e in piazza, non per il folle ‘galop finale’ del corteo in piazza Scala e irrompente in teatro, o per la passerella con bis di tutti, cantanti e clavicembalisti e orchestra con Claudio Abbado in testa (...); ma perché festa dell’intelligenza, divertimento assoluto, vorrei quasi dire implacabile, perfettamente attinente a quel cultore del divertimento come forma che è stato Gioacchino Rossini. Ricordo un istante, in piazza San Fedele di fronte allo schermo, in cui il gioco, con il suo rimando a specchi e riflessioni, provocava quasi un senso di vertigine: lo schermo mostrava la piazza vista dall’occhio di chi era all’interno della Scala, e in esso si apriva un nuovo spazio che era quello della chiesa che spalancava le porta per far uscire il corteo, il che però accadeva nella realtà alle spalle stesse di chi, sulla piazza, stava a guardare lo schermo. Esattamente la ‘vertigine metafisica’ che si prova di fronte a costruzioni della pura intelligenza.
Cesare Mazzonis
«Inventare l’opera»
cit., pp.9-10
Un Rossini post-modern?
Bombarde ed oricalchi dovrebbero celebrare un successo scaligero: si creda o no, il Tempio è infatti riuscito a presentare un grande spettacolo, anche se è giocoforza aggiungere che non si tratta di una produzione autonoma, ma più semplicemente d’una ripresa: il celebratissimo Viaggio a Reims, perla del festival Rossini pescarese del 1984. […] La drammaturgia quasi pretestuosa concede una invenzione teatrale pressoché assoluta, la regia diviene inventiva anziché interpretativa: e l’ingegno brillante di Luca Ronconi trova l’occasione favorevole. Si sa come esso abbia il suo essenziale mezzo d’espressione nell’assemblage: una serie di oggetti, in sé incompatibili, affatto estranei almeno, trovandosi ad incontrare acquisiscono una carica estraniante quasi metafisica.
I valletti del re gomito a gomito con strumentisti in frac e tecnici televisivi, i costumi d’epoca vicini ad altri allegorici (personaggi avvolti in bandiere) e ai teleschermi accampano una zona che è quella del dopo, e dell’oltre: libero ciascuno di chiamarla post-modern, sebbene le sue ascendenze dada non siano certo da trascurare. Ne nasce una ironia senza oggetto […] che, in questo Rossini, splende di squisita luce (ir)razionale.
Mario Bortolotto
«Europeo»
5 ottobre 1985
E l’opera si guarda allo specchio
Con il suo palcoscenico contenitore simile a un teatro di posa cinematografica, le sue pedane affondate nella platea, i suoi saliscendi di schermi, i suoi diversi eventi in sala e fuori, il suo impiego di non indifferenti attrezzature audiovisive, l’allestimento […] rinato, ingigantito, a Milano è […] la trasposizione scenica così ideale di quel guizzo rossiniano da risultare difficile immaginarne uno diverso per Il viaggio a Reims.
È così per tutti gli allestimenti che fanno storia. La ragione per la quale un volo stilistico così notevole, rispetto all’opera, risulti per paradosso così aderente nella sostanza al Viaggio di Rossini […] è intuibile. Il viaggio a Reims non è un’opera […] è una grandiosa parodia. E se l’opera è allo specchio, sappiamo come questa figura retorica e letteraria, lo specchio, abbia la sua traduzione moderna nel mezzo televisivo. Perciò lo spettacolo ideato da Ronconi, le sua assolvenze e dissolvenze incrociate sul cantante in azione, sul corteo reale in costume ripreso sulla piazza S. Fedele e in Galleria, palleggiando incessantemente l’occhio dalla realtà allo specchio gigante della realtà […] coinvolge tutti […]. Anche il pubblico che si spella le mani e urla «bravo», finisce, per marchingegno di regia, a fare volentieri la parodia di se stesso.
Carlo Maria Cella
«Il Giorno»
11 settembre 1985
Finale alla Scala con la passerella
Nel complesso il regista non ha ripensato uno spettacolo già parso esemplare a Pesaro; l’ha ampliato e adattato al palcoscenico scaligero ottenendo maggiore ariosità e impostando in modo più efficace (seppure meno surreale) il fuoco incrociato delle immagini moltiplicate dagli schermi. C’erano alcune trovate aggiunte, qualche movimento in più […].
Angelo Foletto
«La Repubblica»
11 settembre 1985
«Viaggio a Reims», anche a Rossini piaceva poco
Splendidi i costumi di Gae Aulenti, un po’ meno le due scene […] non riescono a creare uno spazio credibile intorno ai personaggi, che vanno e vengono sperduti sul vasto palcoscenico della Scala […].
Rossini sapeva benissimo che quest’opera vuole un ambiente piccolo e raccolto […]. Qui invece si è preferito puntare sul celebrativo (e sul televisivo) a grande spettacolo. Ronconi ha spiegato grandi risorse […] con alcune trovate piacevolissime, come quella delle marionette-ballerine […].
Lo spettacolo ha avuto un esito trionfale […]. Solo chi scrive questa nota si è annoiato e se ne stava in un angolo indispettito, come uno che invitato a una cena con champagne […] si veda servire della gassosa.
Massimo Mila
«La Stampa»
11 settembre 1985